giovedì 24 gennaio 2013

Karen National Liberation Army, Birmania


Ormai da 63 anni in Birmania è in corso una metodica pulizia etnica delle minoranze del Paese, condotta con strumenti terribili come lo stupro—sostenuto e sponsorizzato dal governo stesso—e lo sterminio di interi villaggi. Nella parte orientale del Paese, lungo il confine con la Thailandia, il genocidio si è trasformato in una guerra ininterrotta tra il governo birmano e l’etnia dei Karen. Dopo decenni di lotte, il Karen National Liberation Army (KNLA) è noto come il più temibile avversario dell’esercito birmano; alcuni addirittura lo citano come la più efficiente organizzazione di guerriglieri ribelli attiva al giorno d’oggi. È anche uno dei pochi gruppi ribelli che gli Stati Uniti non abbiano bollato come organizzazione terrorista, probabilmente perché il KNLA è avversario giurato della droga e i suoi membri sono incredibilmente abili nel far saltare in aria i laboratori, nel fitto della giungla, dove si prepara metanfetamina con il patrocinio del governo (laboratori che riforniscono gran parte dell’Asia).
Di solito non sono gentili con gli estranei, soprattutto con gli estranei muniti di macchina fotografica, ma in qualche modo io—un timido fotografo canadese—sono riuscito a entrare in contatto con la divisione delle Forze Speciali del KNLA. Ho dovuto lavorare sodo (con, anche, l’aiuto di un oscuro mercenario) per ottenere un faccia a faccia con uno dei capoccia del KNLA, il colonnello Ner Dah Mya. Dopo un incontro in cui la tensione si tagliava con il coltello, il colonnello mi ha accordato il permesso di entrare nel territorio gestito dai ribelli, noto come Kawthoolei.
Entrare nella zona mette a dura prova i nervi, perché è un vero e proprio campo minato nel fitto della giungla. Secondo l’Esercito Reale thailandese, più del 70 percento del confine, lungo 2.041 chilometri, è disseminato di mine antiuomo. Prendere coscienza del fatto che ogni passo che fai potrebbe essere l’ultimo è completamente destabilizzante, ma trovandoti spalla a spalla con uomini che per sopravvivere stendono con un colpo ogni cosa che si muova e sono noti come “fantasmi della giungla”, impari in fretta a imitarli e fare finta di nulla.
La repressione attuata dalla cultura dominante nei confronti dell’etnia Karen (tra le altre cose, la loro lingua non è insegnata nelle scuole pubbliche) fa ribollire il sangue nel KLNA a tal punto che i suoi militanti non esiterebbero a metter mano alle armi per proteggere se stessi e le proprie tradizioni. Da anni vivono nelle giungle malariche, a miglia di distanza dalle proprie famiglie, e tutti i giorni guardano la morte dritta in faccia. Ma, nonostante abbiano completamente sacrificato la propria vita alla causa, quando non sono a caccia di squadriglie della repressione birmana da eliminare, sono una combriccola di simpaticoni con cui passare momenti gradevoli.
Durante le due settimane che ho trascorso con il KLNA, tra grandi bevute e imboscate nella giungla e sfacchinate epiche, mi sono reso conto che non hanno nulla a che fare con lo stereotipo dei moderni guerriglieri edonisti, incendiari e privi di morale. Sono più umani. Per esempio, See Tu non è solo un esperto artificiere, ma anche lo storico e l’addetto alla musica. Se l’è quasi fatta addosso dall’emozione quando si è reso conto che venivo dallo stesso stato della sua pop star preferita su tutte: Shania Twain.

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