lunedì 6 ottobre 2014

Nella “nuova” Birmania aumentano i detenuti politici


Nella “nuova” Birmania aumentano i detenuti politici

Stando alle promesse di Thein Sein dovevano essere liberati tutti i detenuti politici entro la fine del 2013. In realtà il numero è aumentato ed è destinato a crescere anche in questi ultimi mesi dell’anno. A denunciarlo sono gli attivisti di Assistance Association for Political Prisoners (Aapp), uno dei più importanti gruppi della dissidenza in Birmania che opera in favore dei detenuti politici.
A man protects his head as a riot police officer hits him with a baton during an anti-Muslim riot in Hlegu, outside Yangon, late April 4, 2014. Photo REUTERS/Soe Zeya TunA man protects his head as a riot police officer hits him with a baton during an anti-Muslim riot in Hlegu, outside Yangon, late April 4, 2014. Photo REUTERS/Soe Zeya Tun
L’associazione - fondata da Tate Naing, uno dei leader della rivolta studentesca del 1988 - ha base lungo il confine tra Thailandia e Birmania.
“Il presidente Thein Sein aveva annunciato che avrebbe rilasciato tutti i prigionieri politici in Birmania. Ma in realtà questo non è accaduto”, ha dichiarato Aung Myo Kyaw, uno dei responsabili dell’Aapp ed ex prigioniero politico che ha trascorso nove anni della sua vita in carcere proprio per la sua attività politica. “Al momento ci sono almeno 84 detenuti politici sparsi nelle carceri del Paese e altri 122 attivisti sono a processo con accuse di natura politica”. Solo nel mese di agosto 2014 gli attivisti di Aapp hanno documentato 28 casi di incriminazioni per reati di natura politica e hanno segnalato che almeno 41 agricoltori – sempre ad agosto - sono stati arrestati per aver manifestato a difesa delle proprie terre.

Undici anni di carcere per aver distribuito dei volantini.

L’ultimo arresto è quello del 52enne Htin Kyaw, attivista birmano condannato a undici anni di carcere nei giorni scorsi con l’accusa di “disturbo dell’ordine pubblico” per aver distribuito dei volantini per le vie di Yangon, la capitale commerciale della Birmania. “Htin Kyaw ha solo espresso la propria opinione, senza violare nessuna legge”, ha sottolineato in un comunicato Amnesty International. “Gli sforzi incessanti delle autorità birmane di silenziare l’opposizione devono cessare subito”. “Purtroppo - continua Amnesty International - il caso di Htin Kyaw è solo la punta dell’iceberg. Decine di attivisti pacifici e difensori dei diritti umani sono stati arrestati”. “Tutte le leggi utilizzate per mettere a tacere gli oppositori devono essere cancellate o modificate immediatamente, in modo da rispettare gli standard dei diritti umani internazionali”.

Ancora oggi le manifestazioni di dissenso verso quello che viene definito il “nuovo” governo birmano sono punite con forza e per scendere in piazza è necessaria un’apposita autorizzazione da parte delle autorità. Autorità che molto spesso non concedono nessuna autorizzazione. “Il problema – sottolinea Phil Robertson, vice direttore di Human Right Watch per l’Asia – è che i funzionari del governo e la polizia agiscono ancora come facevano durante la dittatura militare: inventano accuse e arrestano gli attivisti”.


Calcio & Solidarietà


Anche l’Italia a caccia di business nella Birmania ancora sporca di sangue


Anche l’Italia a caccia di business nella Birmania ancora sporca di sangue

L’ex ministro Giulio Terzi, durante una visita ufficiale in Birmania nell’aprile del 2012, aveva annunciato l’interesse, “visto i nuovi sviluppi”, di partecipare alle gare d’appalto “in un Paese da ricostruire”, in particolare nel settore energetico e dell’infrastruttura. Poi, durante la visita di Thein Sein in Italia, nel marzo 2013, la prima nel nostro Paese di un presidente birmano dal 1950, è stata firmata una “Dichiarazione congiunta” per intensificare i rapporti economici e bilaterali.
A vendors fills his water bottle as he sells bananas at Thapyaygone market in Naypyitaw August 8, 2014. Photo REUTERS/Soe Zeya TunA vendors fills his water bottle as he sells bananas at Thapyaygone market in Naypyitaw August 8, 2014. Photo REUTERS/Soe Zeya Tun
La missione di Confindustria a fine settembre.

Nei prossimi giorni - dal 21 al 24 settembre - Confindustria, in collaborazione l’Agenzia Ice, l’Ambasciata Italiana sul territorio e guidata dal vice-ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda, ha organizzato la missione “Government to Government” in Birmania. “Il Paese - si legge nel sito di Confindustria - dopo un periodo di isolamento economico e politico, ha dato avvio ad un processo di transazione democratica, accompagnata da riforme economiche”. In Birmania, continua sempre la nota dell’associazione, ci sono “grandi potenzialità legate allo sfruttamento delle rilevanti risorse interne” e grandi possibilità per “progetti infrastrutturali che si stanno pianificando”, dai gasdotti alle autostrade.

Stati occidentali e grandi compagnie multinazionali all’attacco.

Per decenni il Paese asiatico è stato chiuso all’Occidente e aveva rapporti quasi esclusivamente con la Cina: gli investimenti di Pechino in Birmania, solo dal 2005 al 2011, sono arrivati a 32 miliardi di dollari. Ma ora è tutto cambiato. La Birmania, che molti considerano la nuova “tigre asiatica”, fa gola a tutti. Non solo perché ricca di risorse naturali, dal petrolio al legname, ma anche perché, incuneata tra le potenze di India e Cina, ha un potenziale di mercato altissimo e una manodopera giovanile ad un costo molto basso. Le poche riforme in campo politico e sociale, fatte dal nuovo presidente birmano Thein Sein – un ex generale della sanguinaria giunta militare -, ha fatto conquistare al Paese spazi, consensi e ha fatto sparire le sanzioni internazionali. 

Un cambiamento solo di facciata.

Molti analisti della situazione del Paese asiatico sono convinti che quelli che vengono chiamati “nuovi sviluppi” non sono altro che un cambiamento di facciata. I vecchi generali della giunta, infatti, hanno ancora tanto potere e occupano il 25% del totale dei seggi in parlamento senza neanche partecipare alle elezioni. Anche diverse Organizzazioni non governative (Ogn), hanno denunciato più volte la continua violazione dei diritti umani da parte del governo verso i dissidenti e le diverse etnie che controllano alcuni aree del Paese e che sono contrarie allo sviluppo incontrollato del loro territorio. Non a caso i maggiori scontri dell’ultimo periodo tra l’esercito birmano e i guerriglieri sono in atto nelle zone dove il governo ha grandi interessi economici. E per questi interessi, i vecchi generali ancora al potere, sono pronti a tutto.

lunedì 25 agosto 2014

Karen Pride

 Uomini Veri
 orgogliosi del proprio popolo.
sono anni che lottano contro la barbarie del regime birmano.
sono e sarò sempre al loro fianco.